MOIRA FRANCO E MAURIZIO MILANESIO | 13.10.12


MOIRA FRANCO

CATALOGO

“IL FIUME SOTTO IL FIUME”
L’attuale fortuna della ritrattistica – intesa dentro una contemporaneità che, se non ha il potere di snaturarla ha certo quello di scomporla, anzi, di scompigliarla senza pietà – va rintracciata nel supremo sforzo di salvare l’individualità messa in forse dall’appiattimento generale delle coscienze, dalla rinuncia ad essere “unici”, non importa se grandi o minimi.

Moira Franco sa scavare nel volto umano con forza esemplare e senza esclusione di colpi, portando in luce una passione rara.
Volti grandi, grandissimi sono quelli di Moira e non solo in senso dimensionale. Nessun sospetto di estraneità verso i soggetti può sussistere nel lavoro della giovane artista; i protagonisti delle opere sono infatti figure note o famigliari. Ma la vera empatia ritrattista/ritratto si istituisce sulla base di una stesura grafico-pittorica di estrema sensibilità. La mobilissima e nervosa tecnica, le sostanze cromatiche variegate e divise, ma subito ricomposte dallo sguardo dell’osservatore, configurano una particolare scrittura (che è storia) dei personaggi, penetrati nelle loro più intime vibrazioni emotive e caratteriali.
Oggi l’artista percorre nuove direzioni d’immagine, sdoppiando la composizione in un ambiguo dualismo corpo/psiche, in un’avvertita esigenza di attraversare l’invisibile.

Giovanni Tesio e Ida Isoardi


MAURIZIO MILANESIO

CATALOGO

“LATENZA DI FAVOLA”
La fase creativa precedente quella odierna ha visto Maurizio Milanesio ingaggiare una vera e propria lotta con le pulsioni negative del proprio essere, restituite in immagini dove la “nigredo”, il male, l’odio trasfiguravano spesso l’umano in un che di satanico. La costante duplicità della psiche si è rivolta, oggi, in lui, a sensazioni e moti dell’animo più luminosi e chiari, una “albedo” in antitesi al trascorso momento. La fotografia, in questo autore, ha ormai del tutto valicato, senza peraltro annullarne la profonda valenza immateriale, il medium tradizionale in virtù di un accanito lavoro di analisi tecnica e psicologica.
Lo storico carattere iconografico ne è uscito trasfigurato e condotto su differenti vie, quelle dell’immaginario puro. Ecco allora giungere a noi figure quasi evanescenti, chiarori inattesi e uno stato di grazia paragonabile all’uscita da un lungo tunnel. Strana magia, quella fotografica, ben individuata da Roland Barthes al di là di ogni condizione storica:
“… in sé la foto non è affatto animata […] però essa mi anima: e questo è appunto ciò che fa ogni avventura”.

Ida Isoardi